Nella teoria marxista più accreditata, quella di Lukács, il collegamento tra un contenuto positivo (vita, società, storia) e la forma che lo riflette, diventa sinonimo di "tipicità" della forma: cioè il contenuto nuovo deve essere riconoscibile nella forma, rintracciabile nella forma in quanto intuizione sensibile. Secondo lo storicismo materialista la forma, pur coi suoi caratteri sensibili, deve recare collegamenti razionali col contenuto nuovo. Solo attraverso la percezione intellettuale del "tipico" la forma dà voce a tutta l'umanità e parla a tutti gli uomini. Una possibilità intermedia tra queste due teorie estetiche è che la forma di un'opera d'arte debba sì legarsi al "tipico", ma nello stesso tempo non risolversi puramente in esso. L'artista deve trovare un difficile equilibrio in una forma che sia "tipica", cioè intellettualmente chiara e riconoscibile, pregna di contenuto e, al tempo stesso, ricca del proprio carattere sensibile. Questa è la strada da sempre adottata da Giorgia Beltrami nelle sue rappresentazioni. Uno stile fortemente riconoscibile che utilizza come supporto espressivo tavole in legno appositamente trattate con metodologie da restauro, in modo da renderle chiare e uniformi, su cui poi l'artista interviene con una tecnica a grafite nera. Ne nasce una pittura molto lontana dalla matericità e dalla gestualità proprie delle correnti informali emiliane, una pittura più segnica e grafica, una pittura asciutta e minimale, un linguaggio che utilizza gli espedienti della narrative art adattandoli al desiderio di una comunicazione diretta. Giorgia Beltrami ha creato una struttura di lavoro che ripropone una "tipicità" di tratti non solo frutto di abile competenza tecnica, ma anche riflesso di un'attenta ricerca sui contenuti. Le immagini infatti provengono sempre dalla rielaborazione grafica di fotografie appartenenti al suo passato e presente familiare, provenienti da album di famiglia o di conoscenti, che nella percezione individuale assurgono a una dimensione universale e collettiva. La matrice fotografica, a cui la famiglia dell'artista si lega da generazioni, è indispensabile per capire il senso di questa particolare forma espressiva: come nei primi dagherrotipi dell'ottocento, dove gli alogenuri d'argento componenti l'immagine si corrodono per il trascorrere inesorabile del tempo, così nelle tavole della Beltrami la grafite affiora e scompare, a volte più spessa a volte più rarefatta, a disegnare corpi e figure in cui il volto spesso si riduce al contorno di una silhouette, per alludere ai ricordi del passato impressi nella memoria che a poco a poco vanno svanendo e sfuocando. Tuttavia questo bianco e nero uniforme, questo utilizzo del contrasto chiaroscurale sarebbe troppo assimilabile a una semplice riproposizione fotografica o cinematografica o illustrativa di scene di vita intima e domestica se non subentrasse un elemento di caratterizzazione estetica che rende l'opera di Giorgia Beltrami unica e personale: l'intervento del colore a olio, rosso o arancione, simbolo di cambiamento, di trasformazione e di incertezza sul domani. Una proiezione a colori del presente sulle forme in bianco e nero del passato permette di evidenziare il passaggio ideologico tra due diverse identità che si vanno sempre più sovrapponendo. Un contenuto familiare Il lavoro di Giorgia Beltrami è incentrato sul discorso del recupero della cultura e delle tradizioni locali, che caratterizzano l'identità emiliana, e in cui la gente comune si possa riconoscere. Per le tematiche analizzate e soprattutto per la costruzione formale delle immagini, la visione dell'artista richiama la poetica della stagione neorealista italiana, nata tra gli anni quaranta e cinquanta del Novecento. Il neorealismo italiano ha per tema fondamentale il senso della coesistenza umana e la ricerca di una moralità sociale. L'istituzione familiare diventa il primo contenuto d'indagine, e parallelamente accade anche nell'esplorazione dell'artista. La famiglia costituisce la cellula primigenia in cui si instaurano i primi legami affettivi e da cui scaturisce un profondo senso di appartenenza, che si trasmette verticalmente di madre in figlio attraverso la ciclicità di gesti e insegnamenti (come esemplificato nel ciclo Continuità, 2005). L'atteggiamento che sorregge il lavoro di Giorgia Beltrami è dunque affine a quello del neorealismo italiano per la scoperta di una nuova organicità dell'uomo: nel neorealismo l'artista parla di se stesso in quanto impegnato in una comune tensione storica con gli altri, e a tema della propria opera prende la sfera storica della coesistenza, familiare e collettiva, che diventa sinonimo di una condizione umana universale. Anche l'inquadratura cambia e il taglio fotografico rinuncia alla prospettiva o alla direzione dei punti di vista, anzi spesso il volto del soggetto è negato all'altezza degli occhi per sottrarre attenzione allo sguardo e cogliere all'opposto il contesto strutturale, il tessuto sociale dell'azione. Un'identità territoriale A queste immagini familiari dal sapore neorealista, l'artista associa elementi di cambiamento e di trasformazione del territorio urbano, come reti segnaletiche, triangoli di "lavori in corso" e gru da cantiere che si profilano sullo sfondo, connotati da uno squillante color arancione (Spaesamenti, 2004). Nella recente serie Orizzonti (2005-2006) la contrapposizione avviene direttamente all'interno dell'iconografia del paesaggio dove agli orizzonti agrari ricorrenti in tanta fotografia del dopoguerra, e sopravvissuti ancora oggi in certe campagne emiliane, si innestano segnali di mutamento e innovazione tecnologica, dai tralicci della TAV ai moderni lampioni elettrici. Visioni attuali di un territorio, l'Emilia (ma allusivo anche al resto delle campagne italiane), in cui si osserva il passaggio da ambiente rurale a industriale o residenziale, stravolgendo il senso di un'identità secolare, fatta di tradizioni sociali e riti ancestrali. La modernità della storia si sovrappone alle tradizioni familiari, a simboleggiare il cambiamento non solo dei luoghi fisici ma anche di noi stessi e delle nostre consuetudini. A questo processo fatale del tempo intende contrapporsi il lavoro dell'artista: "Se questo presente è incerto e ci priva con continui mutamenti e brutture di punti di riferimento e di valori, io indago nel mio passato e recupero quelle sensazioni che mi sembrano importanti, proiettandole sul cambiamento, alla ricerca di una continuità, per un futuro che non cancelli completamente la mia identità". L'esperienza di Giorgia Beltrami rappresenta lo sforzo di costruire nuovi rapporti dell'uomo con se stesso, col ritmo quotidiano e continuo della propria vita, con il territorio naturale d'origine, che siano principio di una convivenza tra il presente e il passato, tra il tempo e la storia, tra il "tempo continuo" della persona e il "tempo obiettivo" della storia.